OSCAR 2020: quando Hollywood si accorge delle disuguaglianze sociali

OSCAR 2020: quando Hollywood si accorge delle disuguaglianze sociali

Grande serata domenica 9 febbraio al Dolby Theatre di Hollywood, California, che dal 2002 ospita la notte degli Oscar. C’era molta carne al fuoco e ogni film in nomination per il titolo meriterebbe una recensione tutta per sé. The Irishman rappresenta la chiusura ideale del filone gangster movie del grande Martin Scorsese, Le Mans ’66 racconta una grande storia di vita e di sport, interpretata magistralmente dal sempre ottimo Christian Bale, C’era una volta ad Hollywood è uno straordinario omaggio al cinema da parte di Quentin Tarantino, strabordante di citazioni e di cameo nostalgici dal cinema asiatico agli spaghetti western; 1917 è un capolavoro estetico e tecnico, che ti trascina nella storia della 1° Guerra Mondiale facendoti sentire parte di essa: le riprese in piano sequenza non le ha certo inventate Sam Mendes, ma hanno reso il suo racconto vivo, crudo e reale.  Jojo Rabbit di Taika Waititi è un piccolo gioiello, fresco e poetico che tratta con eleganza e leggerezza la tematica cruda e spietata della follia nazista rivelando tratti di grande umanità.

Infine Joker è un viaggio nella psiche umana, la genesi di un mostro che nasce dal disagio sociale e dall’alienazione. La società malata lascia i suoi figli più deboli ai margini, permettendo che l’odio porti i suoi frutti nella disuguaglianza e nell’emarginazione. E proprio le tematiche sociali sono state il fulcro della manifestazione di quest’anno perché, oggi più che mai, cresce l’esigenza di un mondo più umano, più comprensivo e più egualitario. Da questo chiaro indirizzo comunicativo emerge il grande vincitore del 2020, un outsider, una pellicola ben lontana dai fasti e dai budget milionari delle produzioni occidentali: Parasite.

Questo film coreano diretto dal regista Bong Joon-ho è una meraviglia: innovativo, intelligente, disarmante nella sua semplicità. La peculiarità della condizione sociale di una disagiata famiglia coreana, che sopravvive quotidianamente con espedienti di ogni genere, viene messa a confronto con quella di una signorile e ricca famiglia borghese. Questa pellicola ha sorpreso il mondo intero, portandosi a casa i premi come miglior film internazionale, la migliore sceneggiatura originale, la miglior regia e infine il miglior film dell’anno. Confesso che sono stato piacevolmente sorpreso e felice di questa scelta. L’Academy si è finalmente accorta che esiste un mondo, oltre i propri confini, degno di essere considerato e che può regalare perle di straordinaria bellezza. È stato bello vedere questa Compagnia dell’Anello asiatica, divertita e sperduta, incredula della sua impresa e piena di gioia per una vittoria storica senza precedenti. Unico rammarico la mancata vittoria di Avengers per gli effetti speciali, che sarebbe stato un giusto premio per l’industria cinematografica della Marvel, il cui lavoro porta comunque nelle sale milioni di persone che danno linfa vitale al cinema.



La serata, priva di presentatori ufficiali, è stata piacevole, coronando come migliore attrice protagonista Renèe Zellweger per il film Judy, come migliore attrice non protagonista Laura Dern per Mariage story, come migliore attore non protagonista Brad Pitt con C’era una volta ad Hollywood, e infine come migliore attore protagonista Joaquin Phoenix per il ruolo in Joker. Quest’ultimo ci ha regalato un discorso su i diritti degli animali e sull’opportunità di dare voce a chi non ha voce, con un commovente ricordo del fratello River Phoenix che ha coinvolto l’intera platea. È lodevole la tendenza odierna dei personaggi di spettacolo nello schierarsi apertamente per difendere le proprie idee e i propri principi. Fare cinema non è soltanto creare divertimento, ma è soprattutto diffondere cultura; diventa perciò imperativo affrontare problemi veri, grandi tematiche internazionali, perché le persone famose hanno grande potere, ma anche grandi responsabilità. Essere l’idolo di qualcuno vuol dire proporsi come un esempio sociale ed etico soprattutto per i giovani che dovranno disegnare il mondo di domani. L’anno prossimo mi auguro di poter vedere film di qualità come quest’anno e di godere di una serata così gratificante da non farti pentire di aver trascorso la notte in bianco.

Unica nota dolente la trasmissione italiana in diretta su Tv 8dal Dolby Theatre  che avrebbe dovuto evitare l’andirivieni di personaggi più o meno famosi intervistati da esperti di moda e del gossip, che ben poco hanno a che vedere col cinema. Il critico cinematografico e conduttore della serata Gianni Canova, la cui competenza è indiscutibile, potrebbe decidere di gestire il format con qualche ottimo attore di casa nostra, come Alessandro Borghi o Luca Marinelli, senza cialtroni, cuochi e saltimbanchi.

Carlo Visonà, 5 D


Pubblicato da ilgiornalinogigli

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