Una visita al carcere di Canton Monbello a Brescia

Una visita al carcere di Canton Monbello a Brescia

Durante la mattinata di lunedì 27 marzo gli studenti di alcune classi dell’Istituto Gigli di Rovato,
accompagnati dalle docenti Franchi, Quarantini e Mazzucchelli, hanno partecipato ad un incontro con i detenuti della Casa Circondariale di Canton Monbello a Brescia. Nella prima fase, gli studenti hanno osservato la struttura composta da varie celle collocate su molteplici piani; successivamente, nel corso della visita, hanno avuto un dialogo ravvicinato con i detenuti che hanno presentato i lati positivi e le problematiche di tutti i giorni, raccontando la loro esperienza di vita fuori e dentro il carcere.
Il centro di rieducazione alla legalità offre una seconda opportunità a tutti i carcerati che scontando la propria pena, possono migliorare sotto ogni punto di vista. I detenuti hanno la possibilità di eseguire diverse attività quotidiane; decidere di frequentare la scuola e fruire così delle lezioni di italiano, matematica, storia; svolgere lavori manuali e giocare nel tempo libero. Non bisogna però nascondere alcune problematiche come il sovraffollamento, l’allontanamento dei detenuti dalle famiglie, il brutto rapporto con i compagni che spesso porta a degli scontri con conseguenze non solo fisiche, ma anche psicologiche.
All’interno del carcere è presente personale qualificato e a disposizione di ogni dubbio. Noi del Gigli ringraziamo i detenuti che si sono mostrati disponibili, educati e rispettosi nei confronti di tutti, ringraziamo anche la direttrice e gli agenti che ci hanno dato la possibilità di partecipare a questa esperienza unica, facendoci osservare un mondo diverso che comunemente le persone non vedono.

Verzeletti Maddalena 3G LES

Cara libertà,
osservando lo sguardo di alcuni detenuti rinchiusi nel carcere di Canton Monbello a Brescia, mi sei apparsa lontana. Per molti sei soltanto un ricordo del quale non potranno più godere, poiché la loro vita è stata macchiata da colpe indelebili, un ricordo che sfuma e che con il trascorrere dei giorni talmente lunghi da sembrare addirittura interminabili svanisce.
Ammetto di essermi sentito piuttosto disorientato non appena io e i miei compagni abbiamo varcato la soglia che segna il confine tra la speranza, l’indipendenza, l’autonomia che caratterizzano la vita all’esterno e la reclusione. Non è facile ascoltare le confessioni dei detenuti senza ripensare alla propria vita, alla fortuna di cui godiamo giorno dopo giorno, alla possibilità di tornare dai propri cari ogni sera e sentire continuamente il loro affetto.
Le testimonianze sono forti e toccanti come quella di un detenuto, Salvatore, che si è reso conto di come l’unico modo per non sprofondare nell’oblio della pazzia sia quello di cercare di mantenere vivi gli affetti e le parole di conforto provenienti dall’esterno; il ricordo della famiglia, della moglie, dei figli e della vita in generale che continua, purtroppo, anche senza di loro oltre quell’altissima cancellata.
Ho notato che esistono due diversi tipi di detenuti, quelli che vivono il carcere come un’esperienza costruttiva che tende al recupero nella società, e quelli che invece sembrano non accettare affatto la reclusione, tanto meno le sue regole. Dopo averli ascoltati mentre discutevano tra loro, ho capito che i primi traggono gli spunti necessari per ricominciare a vivere con la convinzione di poter diventare persone migliori, ammettendo i propri sbagli e cercando in tutti i modi di evitare comportamenti recidivi, e che i secondi, al contrario, come se non bastasse ciò che hanno commesso in libertà, tendono a trasgredire anche dietro le sbarre.
Carcere come rinuncia, carcere come privazione, carcere come opportunità di miglioramento?
Probabilmente non ci sarà mai una risposta definitiva a questi miei interrogativi, ma non credo che non esista sforzo maggiore del cercare di entrare in contatto con l’ambiente carcerario per capirne i disagi, le mancanze, le proibizioni e, risultato più appagante, dall’incrociare lo sguardo di alcuni detenuti i cui occhi sembrano ringraziarti anche solo per essere stato presente.

Davide Gregna Geraci, 5MM manutenzione e assistenza tecnica

Pubblicato da ilgiornalinogigli

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