Mettendo a fuoco Fahrenheit 451 

Mettendo a fuoco Fahrenheit 451 

“La verità è che non abbiamo bisogno soltanto di tranquillità. Ogni tanto abbiamo bisogno di essere turbati, tanto per cambiare. Da quanto tempo tu non sei turbata davvero? Per qualcosa d’importante, qualcosa che conta nella realtà?” Ray Bradbury, Fahrenheit 451 

Fahrenheit 451 racconta la storia di Guy Montag, “pompiere in un mondo in cui ai pompieri non è richiesto di spegnere gli incendi, ma di accenderli: armati di lanciafiamme, fanno irruzione nelle case dei sovversivi che conservano libri e li bruciano”: così la quarta di copertina dell’edizione Mondadori. Eppure, nella nube di fumo e di caligine in cui si ritrovano avvolti lui e l’intera società, Montag non è felice. Dopo una serie di eventi e di incontri inaspettati si ritroverà a costruire una nuova identità di sé del tutto nuova, grazie ai nemici di una vita: i libri.

Cartesio sostiene, in un passo delle Meditazioni Metafisiche, che “è necessario, almeno una volta nella vita, dubitare di tutte le cose”, ed è proprio ciò che fa Montag; in realtà è ciò che facciamo tutti noi, di fronte a una situazione che non ci convince, quando ci accorgiamo che qualcosa stona, e capiamo, per quanto possiamo essere abili nell’ignorare i sensi di colpa tacitandoli, che questo non basta a tranquillizzare il nostro tormento che si intensifica sempre di più fino a diventare una presenza talmente ingombrante da soffocarci. È ciò che succede a Montag, quando l’angoscia generata dalla presenza della moglie insensibile, della pubblicità martellante, di una carriera che porta ad ardere vivi coloro che conservano i libri nella propria casa, diviene insopportabile. Cercare di riordinare i tasselli sparsi di un puzzle impossibile, tentando disperatamente di conservare la propria “tranquillità”, risulta insufficiente. A volte è necessario cominciare da capo, mettendo in dubbio ogni aspetto della propria esistenza, le idee, le convinzioni, il passato e il presente, e ciò che si è sempre considerato sbagliato

L’esistenza di Montag si capovolge totalmente quando lascia da parte ogni pregiudizio e permette alle idee contenute nei libri di insinuare dubbi e alimentare incertezze. Fahrenheit 451, come altre opere della letteratura sono un chiaro esempio di questo incredibile potere dei romanzi di comunicare ininterrottamente con la componente più profonda di ciascuno di noi, tanto che le parole di un autore, magari vissuto anche secoli a distanza, sollecitano ancora adesso  interrogativi o sentimenti dentro di noi, quanto solo il linguaggio dell’arte è in grado di fare. È il caso, ad esempio, de I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift e della Vita di Samuel Johnson di James Boswell, i primi romanzi incontrati da Montag, seppur con grande fatica: infatti una volta aperti essi iniziano a scuoterlo e a turbarlo profondamente.

Forse i libri possono aiutarci a mettere la testa fuori dalla caverna” sono le parole di Montag durante una discussione con il collega Beatty. Proprio come il filosofo si libera dalle catene per intraprendere il cammino verso l’uscita della caverna, come racconta Platone nel celebre mito della caverna contenuto nella Repubblica, così Montag, avvicinandosi alla lettura, inizia a maturare un proprio giudizio nei confronti della realtà che lo circonda: superficiale e materialista. Ma questo percorso, simile per molti aspetti a quello narrato dal filosofo greco, si presenta come una strada tortuosa, dove gli ostacoli da affrontare sono parecchi, uno tra questi la solitudine. Montag diventa una voce controcorrente: iniziano le incomprensioni e i conflitti con gli altri sono sempre più frequenti, soprattutto con la moglie Mildred, che si accanisce contro di lui e che gli rimprovera la sua curiosità verso i libri e che si mostra  terrorizzata all’idea di essere condannata per le azioni del compagno, tanto che, alla fine, è lei stessa a denunciarlo alle autorità. Il viaggio al di fuori della caverna è un viaggio doloroso: il filosofo è l’unico a liberarsi dalle catene, ma, oltre a essere solo, viene accecato dalla luce del Sole, simbolo del Bene, troppo intensa da sopportare per chi ha sempre vissuto nel buio. Così Montag viene accecato dalla verità che gli procurerà molto dolore proprio perché sconosciuta fino ad allora. Alla fine di questa lunga odissea Montag, come il filosofo, rivela la realtà dei fatti e diventa vittima colpevole; tuttavia mentre il filosofo è ucciso dagli altri uomini spaventati e diffidenti, Montag è costretto ad abbandonare la città per preservare la propria incolumità. Eppure, a differenza del mito platonico, il pompiere riesce a trovare una comunità, che come lui ha scelto di vivere  senza dover omologarsi. Montag quindi si salva dall’ignoranza e dalla distruzione, riscattando non solo la cultura tanto odiata e temuta ma anche quel filosofo raccontato da Platone, che evoca in modo evidente Socrate, che per il sapere sacrificò se stesso. Così Bradbury salda il conto tra gli uomini ancora intrappolati nella caverna e il filosofo, incoronando quest’ultimo finalmente come vincitore.

Nicole Corsini, 5^C

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