Voci dalla DaD

Voci dalla DaD

In pochi mesi la pandemia ha cambiato tanti aspetti della nostra vita e anche l’idea di scuola che da sempre ha caratterizzato l’immaginario comune è stata trasformata. La scuola ha dovuto improvvisamente affrontare impegnative sfide imposte dall’emergenza sanitaria, la mancanza della relazione in presenza innanzi tutto, ma ha anche saputo scoprire risorse alternative e inventare modi nuovi di accompagnare i ragazzi nel loro percorso di apprendimento.

Di seguito riportiamo alcune riflessioni degli studenti in ordine all’esperienza vissuta in questi mesi.

Ognuno ha vissuto questa nuova modalità di imparare in modo diverso; io personalmente ho cercato di viverla il meglio possibile cercando di impegnarmi in modo costante e soprattutto mantenendo la concentrazione,  anche se devo ammettere che è stato ed è molto difficile; ogni giorno la motivazione scende sempre di più e per quanto si provi a mantenere lo spirito alto tutto sembra volerlo abbassare.

Della DAD ho sicuramente apprezzato gli aspetti di comodità come il non doversi alzare presto o non dover prendere i mezzi pubblici per raggiungere la scuola o tornare a casa, queste però sono cose superficiali che non possono rimpiazzare il contatto umano: le risate per gli sguardi buffi dei compagni l’ansia pre interrogazione o i giri in corridoio durante la ricreazione e altre cose che a molti possono sembrare di poco conto e non inerenti all’apprendimento ma che in realtà sono per noi essenziali e capaci di rendere l’apprendimento qualcosa di più dell’obbligo scolastico.

In conclusione credo che la DAD sia stata un’esperienza che ci ha fatto crescere (come tutta questa pandemia) ma personalmente preferirei crescere su un banco, con i mie compagni e professori, nella vita reale e non davanti ad uno schermo. 

Angelica F.

Le immagini che illustrano questo post sono state realizzate da alcuni studenti del nostro Istituto nell’ambito di un progetto, “I fotografi del Gigli”, realizzato dalla prof.ssa Emanuela Galli.

La scuola è di per sé stressante, tra ritmi incalzanti di lavoro, richieste di eccellere in ogni materia e volontà di non sfigurare davanti all’intera classe, ma in DAD ho avuto l’impressione che la situazione si sia aggravata. Mi è infatti capitato di dovermi relazionare con professori che, vedendosi chiusi nella ormai tanto temuta “scatola nera”, sembra si siano dimenticati di avere persone dall’altra parte dello schermo, persone che forse più di loro stanno soffrendo questo particolare periodo storico; parlando con miei conoscenti ed amici, mi rendo conto che un numero sempre maggiore di noi fa ricorso a sostegni psicologici per affrontare questa situazione che, di fatto, ci ha strappato il confronto con i coetanei e la possibilità di distrarsi dalla pressione scolastica. Ora noi ragazzi ed adolescenti – che tanto abbiamo bisogno di stimoli e di movimento – ci ritroviamo ad avere come unica “novità” nella monotonia delle nostre giornate la scuola, che se da una parte costituisce l’unico momento in grado di spezzare la linea retta che è diventata la nostra vita, dall’altra costituisce proprio la fonte più cospicua di stress: proprio perché sembra essere l’unica cosa rimasta, ci viene richiesto sempre di più, ci viene dato un carico esorbitante di lavoro da svolgere e viene prestata sempre meno attenzione al nostro lato psicologico, già instabile e fragile. Mi è infatti capitato, più d’una volta, di dover consolare dei miei amici, di stargli accanto – metaforicamente parlando – durante spaventosi attacchi di panico e ho visto molti di loro iniziare ad assumere poco alla volta degli atteggiamenti depressivi, fino ad arrivare a prendere ansiolitici per trovare un po’ di sollievo. 

Mi sembra che l’atmosfera si sia caricata di una frenesia incontrollabile di andare avanti con il programma ministeriale, dimenticandosi che – di fatto – il programma non è il fine ultimo della scuola. Eppure, pare che i docenti vogliano solo spiegare senza limiti e che molte volte nemmeno si accorgono del fatto che gli studenti a cui si stanno rivolgendo hanno da tempo perso il filo del discorso, se non addirittura la voglia di studiare. Basti infatti pensare al fatto che da marzo 2020 gli abbandoni agli studi sono aumentati drasticamente e sarebbe paradossale non tenere in considerazione il ruolo che la DAD ha svolto nel determinare una scelta così preoccupante; ne sono certa dal momento che una mia vecchia amica ha abbandonato la scuola e ha iniziato a lavorare come “donna – o ragazza, nel suo caso – delle pulizie”. Mi vengono i brividi a pensare che una ragazza di nemmeno 18 anni possa preferire lavorare dalla mattina alla sera piuttosto che passare 6 ore davanti ad un computer e me ne vengono ancora di più a sapere che, di fatto, nessuno ha fatto né farà niente per cercare un rimedio a questa situazione. 

E’ ovvio, la DAD porta con sé anche la possibilità di affrontare le lezioni in maniera differente: la Didattica in remoto ha sicuramente obbligato i docenti a rivedere il proprio metodo di insegnamento e ha dato loro la possibilità di poter far uso di metodi più innovativi come l’utilizzo di presentazioni Power Point, di video illustrativi, di immagini o di programmi che permettono una visualizzazione più chiara dell’argomento (basti pensare, ad esempio, che lo studio della chimica organica tramite un programma che permette la visualizzazione delle molecole in 3D non regge assolutamente il confronto con lo studio della stessa in maniera tradizionale). Ciò nonostante, sarebbe miope non considerare che la scuola italiana è una scuola “vecchia”, una scuola composta da docenti che molto spesso non hanno conoscenze del pc tali da permettere loro un tipo di lezione diversa dal solito ma che si accontentano di saperlo accendere e di saper accedere alle piattaforme digitali, ritornando – ancora una volta – al classico metodo di insegnamento, la cui scarsa efficienza sembra essere stata rimarcata ancor di più in DAD. 

Mariagrazia C.

Uno dei problemi più grandi della Didattica a Distanza è senz’altro la mancanza di fiducia tra l’insegnante e il proprio alunno. Molti insegnanti sono allarmati dalle maggiori possibilità di copiare e non potendo vedere ciò che accade al di là dello schermo, spesso si ritrovano a realizzare verifiche che mettono in difficoltà i propri studenti.

Linda T.

Personalmente, essendo io figlia di due insegnanti anche loro coinvolti in questo nuovo metodo di insegnamento, ritengo di avere un quadro più generale, sia vivendo l’esperienza da studentessa, sia vedendo l’esperienza delle persone dall’altra parte della cattedra, anche se in questo caso sarebbe meglio dire dall’altra parte dello schermo. Nonostante le molte difficoltà che possono sorgere, credo che la Didattica a Distanza sia un mezzo che offre molte opportunità alternative rispetto al metodo di insegnamento tradizionale: l’esempio più banale può essere la possibilità di condividere materiale utile per le lezioni, come video o schemi, in modo facile, garantendo a ogni studente un vantaggio per il proprio studio individuale. Al contrario invece, nella scuola “tradizionale” l’educazione si basa molto sui libri, non lasciando spazio ad approfondimenti o altro materiale, a meno che il professore non decida di sacrificare un po’ della sua privacy e condividere il suo numero di telefono con gli studenti, accettando anche i rischi che questa decisione potrebbe comportare. Inoltre bisogna ricordare la grande quantità di tempo che gli insegnanti impiegano ad adattare la propria lezione a questa nuova modalità: attirare l’attenzione degli studenti cercando video adatti al livello della classe, preparando presentazioni, schemi e verifiche su nuove piattaforme digitali mai usate prima richiede tempo. Tutto ciò risulta ancora più difficile con l’abbassarsi dell’età degli studenti: i bambini delle elementari hanno risentito molto di questi cambiamenti, specialmente perché si trovano in un’età in cui cominciano a comprendere il vero senso della parola “socializzare” e la mancanza di contatto con una persona in carne ed ossa e non uno schermo può essere determinante. Senza contare che i bambini hanno molte energie che vogliono utilizzare per attività fisiche non sempre praticabili in casa. Per questo motivo, insegnanti e studenti devono trovare un compromesso, un giusto equilibrio tra spiegazioni e conversazioni che ci facciano distrarre almeno temporaneamente dalla realtà che stiamo vivendo tutti. D’altra parte è anche vero che queste nuove modalità si rivelano a volte un ostacolo agli insegnanti che non riescono a presentare i propri argomenti bene come vorrebbero. I problemi di connessione fanno sì che venga utilizzato molto più tempo per spiegare concetti in modo che siano recepiti con la stessa chiarezza di come avrebbe fatto una spiegazione in presenza.  Secondo me è quindi necessario uno sforzo da entrambe le parti: gli insegnanti dovrebbero provare a immedesimarsi maggiormente negli studenti e modificare il programma scolastico anche in base alla situazione attuale; gli studenti devono altrettanto immedesimarsi negli insegnanti e nel disagio che anch’essi stanno subendo, non approfittando ovviamente del momento. 

Francesca V.

Noi ragazzi della nostra età abbiamo bisogno di contatto umano per crescere e per fare esperienze e sicuramente l’insegnamento attraverso smartphone, tablet, ebook e pc portatili ha limitato tutto ciò.

In questo anno infatti mi sono mancate le gite, esperienze importanti di formazione, i vari incontri e le uscite didattiche tipiche della vita degli studenti delle superiori che personalmente mi hanno sempre aiutata a vivere in modo più attivo e a far pesare di meno l’ambiente scolastico ma anche a fare esperienze nuove ed indimenticabili insieme ai miei compagni.

Annalisa S. 

La Didattica a Distanza è stata anche un’occasione per imparare cose nuove in ambito tecnologico, infatti abbiamo migliorato le nostre conoscenze perché rispetto al solito ci sono state assegnate molte più presentazioni o lavori al computer da valutare al posto delle classiche verifiche. Questo aspetto è molto importante perché al giorno d’oggi nel mondo del lavoro sono richieste conoscenze in ambito tecnologico. Abbiamo anche lavorato sulla nostra creatività per creare presentazioni interessanti e diverse dal solito. La Didattica a Distanza è sicuramente molto stressante ma è stata anche un modo per affrontare i propri limiti perché abbiamo dovuto imparare a fare molte cose da soli senza l’aiuto dei professori e contare su noi stessi. All’inizio è stato molto difficile cambiare le nostre abitudini e iniziare a fare scuola in un modo diverso da quello a cui eravamo abituati, però nella vita cambiare le proprie abitudini a volte ci permette di vedere il mondo anche da un altro punto di vista e così facendo possiamo migliorarci e maturare.

Gaia Z.

Pubblicato da ilgiornalinogigli

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Una risposta a “Voci dalla DaD”

  1. Sono una insegnante e vi ringrazio per le vostre riflessioni. Abbiamo anche noi tanto da imparare!
    Complimenti a tutti

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