E se vi dicessi che esiste la storia di una bambina che è diventata alta, poi bassa, poi di nuovo alta?
E che esiste un gatto che compare e scompare?
E delle carte parlanti per guardie?
Credereste a tutto ciò? Pensereste che sono pazzo a crederlo, ma, ricordatevi, le cose belle della vita non seguono la ragione, bensì la follia dell’anima!
Brucaliffo: “Chi sei tu?”
Alice: “Brucaliffo?”
Brucaliffo: “Tu non sei il Brucaliffo, io sono il Brucaliffo! La domanda è: chi sei tu?”
Alice: “Alice!”
Brucaliffo: “Questo si vedrà!”
Alice: “Non capisco, che vuol dire? lo dovrei sapere chi sono!”
Brucaliffo: “Certo, dovresti stupidina!”
Ma, chi è davvero Alice?
Alice era una bambina, entrata per sbaglio nella tana del Bianconiglio con l’intento di seguirlo e catapultata, poi, nel fantastico mondo del Paese delle meraviglie.
Dopo una caduta profonda tra tazze, orologi, sedie, e molto altro ancora, si ritrovò in una stanza con un tavolo al centro e pareti ricoperte di porte di svariate grandezze. Alice provò ad aprirle ma erano tutte serrate. Ad un certo punto, sul tavolo, comparve una boccetta con la scritta “BEVIMI”, lei ne bevve un goccio e così diventò piccina. Da questa minuta altezza riuscì a scorgere una porticina, anch’essa chiusa, ma subito dopo comparve sul tavolo una chiave che per lei risultava impossibile da raggiungere. Comparve poi un dolcetto, al di sotto del tavolo, con scritto “MANGIAMI”: stando più in guardia di prima ne mangiò un pezzetto e crebbe spropositatamente. Prese la chiave, bevve nuovamente dalla boccetta e così rimpicciolì un’altra volta e riuscì ad entrare nella porticina. Da qui inizia la sua vera e propria avventura nel mondo magico di fiori che chiacchierano, animali parlanti e strane creature, tra cui il Brucaliffo, un bruco blu che fuma un narghilè seduto su un fungo, lo Stregatto, un gatto del Cheshire che sorride, apparendo e scomparendo, la Regina Bianca e la regina rossa, con le carte da gioco che le fanno da guardie, il Cappellaio matto, un cappellaio con “qualche rotella fuori posto”, la Lepre marzolina, Toperchio, un topolino molto coraggioso, e il Bianconiglio, il coniglio con il panciotto che ha attirato Alice nella sua tana.
Cosa rappresentano davvero questi personaggi?
Partiamo dal Brucaliffo: rappresenta la razionalità degli adulti in contrasto con la curiosità dei bambini come, appunto, Alice. Nonostante possa rappresentare la saggezza, sembra indifferente verso la bambina e la spinge a cercare da sola il modo più adatto per crescere e per affrontare la vita.
Il ruolo dello Stregatto si trova, invece, nella sua capacità di dare consigli ad Alice che, per quanto enigmatici, le saranno utili durante tutto il suo percorso.
La Regina Bianca e la Regina di cuori, che nella storia originale non si incontrano mai, mentre nel film di Tim Burton sono sorelle, sono altrettanto importanti, ma se da un lato la prima mostra una grande capacità politica e di governo, presentandosi come saggia e affascinante, la seconda è l’opposto, infatti preferisce essere temuta dal popolo che amata. La sovrana non sarebbe altro che la rappresentazione della rabbia e della negatività degli adulti che pensano di poter risolvere piccoli problemi con soluzioni esagerate, come per esempio quella di tagliare la testa a tutti.
A rappresentare il Cappellaio matto è il tè delle cinque, nonché la sua parlantina sconclusionata. Lui incorpora in sé la dualità della vita, scissa tra abitudine e avventura.
Il Coniglio bianco, infine, rappresenta lo scorrere del tempo e il nostro rapporto con esso: l’animale non si relaziona mai direttamente con Alice e la sua vecchiaia ed il suo nervosismo lo portano ad essere totalmente disinteressato alla bimba ed ai suoi problemi.
Sapete perché il cappellaio è ritenuto matto?
Ai primi del ‘700 i cappellai erano venuti a conoscenza di un nuovo metodo di lavorazione del feltro attraverso il mercurio. Così, inalavano molto di questo prodotto e chissà quanto ne assorbiva la loro pelle. I sintomi delle intossicazioni da mercurio erano evidenti: tremito incontrollato delle mani, macchie gialle sulla pelle, un’impressionante magrezza, una strana colorazione arancione, quasi fosforescente, dei capelli, e poi un comportamento stravagante e instabile, talvolta pericoloso. Da qui nasce il detto inglese: “mad as a hatter”
Come è venuta a Lewis Carrol l’idea di scrivere questo romanzo?
Una leggendaria che vuole che l’idea di scrivere il romanzo sia venuta in mente all’autore durante una giornata in cui lui e il reverendo Robinson Duckworth erano in barca sul Tamigi con le figlie di quest’ ultimo, Lorina Charlotte Liddell, Alice Pleasance Liddell e Edith Mary Liddell. Per passare il tempo, Carroll raccontò alle tre bambine una storia. Successivamente la scrisse e la regalò ad Alice, che aveva insistito affinché lo facesse. La storia iniziale, Le avventure di Alice nel sottosuolo, era lunga solo quattro capitoli e aveva disegni realizzati da Carroll. Poi egli decise di ampliare la sua opera, aggiunse storie e personaggi e chiese a John Tenniel di fare altri disegni. Il romanzo è inoltre colmo di giochi di parole, proverbi e figure retoriche, per cui è molto difficile tradurlo in altre lingue.
E per finire, che insegnamento ci lascia?
Sicuramente quello di imparare a crescere e gestire gli alti e bassi della vita, dal momento che sono molti i momenti in cui Alice si trova in situazioni complicate: da quando ingrandisce e rimpicciolisce all’episodio delle porte a quello del Brucaliffo.
E poi, SOGNARE L’IMPOSSIBILE: il mondo in cui precipita, dove tutto è diverso e l’impossibile diventa possibile, ci ricorda quanto è importante coltivare i sogni a dispetto dell’età. Molti limiti sono, infatti, solo nella nostra mente.
A parer mio, lo vedo come uno dei film e uno dei libri più belli che io abbia mai visto o letto. Lo consiglierei a ogni ragazzo, adulto o bambino, senza distinzioni di età, non solo per il suo significato, ma per la fantasia nella scrittura e nei personaggi.
Belotti Jennifer, 2 G