Scienza, scuola e donne

Scienza, scuola e donne

L’undici febbraio scorso si è tenuta la Giornata internazionale delle donne nelle STEM (acronimo di science, technology, engineering and mathematics), istituita sette anni fa dalle Nazioni Unite per raggiungere il quinto obiettivo dell’Agenda 2030, ovvero l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze.

Da uno studio del 2011 della Royal Society inglese possiamo constatare quanto celebrare le scienziate che si sono distinte nella storia, sia oltremodo necessario: circa i due terzi dei  soggetti intervistati, infatti, non era in grado di menzionare neppure una scienziata famosa, nonostante il 96% si dichiarasse convinto che uomini e donne fossero ugualmente portati per le professioni scientifiche.

Sembra quantomeno superata l’antica convinzione secondo cui l’intelligenza femminile e maschile differiscano e secondo il  quale le donne sarebbero emotive piuttosto che razionali, a giustificazione della loro esclusione dai luoghi di ricerca scientifica per eccellenza, quali accademie ed università, e da quelli in cui le competenze matematiche e ingegneristiche permettono di occupare posti dirigenziali. 

Il mondo scientifico odierno è quasi libero dagli stereotipi e il numero delle ragazze che frequenta le facoltà STEM è quasi la metà:le donne sono ormai il 45% dei laureati al mondo (in Italia nel 2020 sono state 67453). Ma, tuttavia, sembra che non proseguano nella carriera e, osservando i punti percentuali, le donne sono meno tra i dottorati e scendono al 28% dei ricercatori di quest’area. In Italia le ricercatrici sono persino in numero inferiore: infatti secondo il Ministero dell’Università e della Ricerca, nel 2020 solo il 21% era donna.

Questa riduzione della presenza di donne con l’aumento del grado accademico è conosciuto come leaky pipeline, ovvero tubo che perde, ed è riscontrabile in maniera più marcata nel mondo aziendale, dove  solo il 28% di donne esercitano la professione di ingegnere.

Photo by ThisisEngineering RAEng on Unsplash

Gli studi suggeriscono che ci siano vari fattori che portano a maggior successo dei ragazzi in matematica e scienze: tra gli altri, risulta importante l’incoraggiamento da parte dei genitori, che spesso, secondo l’indagine Ocse-Pisa, in tutti i paesi di cui si hanno dati, pensano che i figli maschi abbiano più possibilità delle figlie di lavorare in un campo scientifico, tecnologico, ingegneristico o matematico, persino a parità di risultati nei test.

Questo si traduce poi in aspettative di carriera con marcati stereotipi di genere: tra studenti e studentesse che eccellono in matematica o scienze in Italia, circa un ragazzo su quattro prevede di lavorare come ingegnere o professionista in ambito scientifico, mentre solo una ragazza su otto ha le stesse aspettative; al contrario una ragazza su quattro ed un ragazzo su nove, tra questi promettenti alunni,   prevede una carriera in ambito sanitario. 

La stessa indagine mostra anche come le quindicenni europee vadano in media un po’ meglio dei compagni maschi nei test di scienze e leggermente peggio in quelli di matematica, mentre in Italia le ragazze hanno minori risultati in entrambe le discipline. 

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I bambini vengono esposti agli stereotipi fin dalla scuola primaria tramite i libri di testo;  infatti è stato dimostrato che semplici disegni e storielle possono avere effetti devastanti sulle menti in via di sviluppo: uno studio italiano del 2007 ha constatato come, chiedendo a bambini di quinta elementare di risolvere un problema il cui testo presentava nove matematici ed una matematica e ad un altro gruppo di affrontare lo stesso problema, ma con nove fiori ed un frutto, le bambine del primo gruppo incorressero in maggiori difficoltà. Tale fenomeno è riconducibile alla cosiddetta  “minaccia dello stereotipo” che si riscontra quando un individuo si trova in una condizione che potrebbe confermare uno stereotipo ed inizia a percepire la responsabilità di poterlo confermare.

Un altro fattore che contribuisce all’interesse e al successo delle donne negli studi STEM è sicuramente una peggiore condizione economica: pare che nei paesi in via di sviluppo le donne nelle facoltà STEM siano in numero maggiore, probabilmente perché coloro che partono da situazioni economiche svantaggiate sono propense a scegliere un percorso di studi più remunerativo rispetto ad un altro più corrispondente ai propri interessi.

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In Italia le ragazze costituiscono ben più della metà dei laureati, ma si concentrano nel settore istruzione, dove raggiungono quote superiori al 90%, o in ambito umanistico e sociale: tale dato potrebbe portarci a pensare che gli interessi sono innati rispetto al genere. Ma secondo Maria Charles, autrice di Occupational Ghettos: The Worldwide Segregation of Women and Men, le aspirazioni di carriera della giovani nelle società moderne sono dovute alle convinzioni, talvolta autolimitanti, che le ragazze hanno di se stesse e alla paura che nasce da un pregiudizio: perciò è evidente che l’impegno principale a cui le istituzioni, a diverso titolo, si devono dedicare, è quello di trasmettere alle ragazze l’amore per le discipline scientifiche, con la consapevolezza che, solo frantumando ogni stereotipo, la libertà può essere definita tale.

STEM/non-STEM maschi e femmine per lauree

Martina Bonetti, 1A

Pubblicato da ilgiornalinogigli

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