“Maschere”, identità mutevoli tra fantasia e realtà

“Maschere”, identità mutevoli tra fantasia e realtà

“Tutti noi portiamo una maschera, metaforicamente parlando” affermava l’attore Jim Carrey in una scena del celebre film The Mask – Da zero a mito. La filmografia degli ultimi decenni ha prodotto diverse pellicole che hanno come tema il cambio d’identità. Pensiamo, per esempio, al sopracitato The Mask, in cui Stanley Ipkiss, interpretato da Carrey, indossa una maschera e si trasforma in un demenziale supereroe/antieroe. Oppure, nel classico Disney Mulan la giovane protagonista si traveste da soldato e si arruola nell’esercito cinese al posto del padre. O ancora, in Mrs Doubtfire troviamo un brillante Robin Williams, il cui personaggio si mette nei panni di una vecchia governante per poter stare con i propri figli anche dopo il divorzio con la moglie.

Vicenda analoga è quella del personaggio di Erminia nella Gerusalemme Liberata di Tasso. Innamoratissima del cavaliere cristiano Tancredi, la principessa saracena finge di essere una guerriera per poterlo incontrare, consapevole di aver messo a rischio la propria vita. In seguito si travestirà un’altra volta, indossando abiti da contadina e abbandonando la guerra.

Annibale Carracci – Erminia fra i pastori – National Gallery, Londra

Se ci spostiamo dalla fantasia e analizziamo la nostra vita quotidiana, possiamo applicare la frase di Jim Carrey al mondo del web. Anzi, è più facile “portare una maschera”, assumere una nuova identità molto diversa da quella reale, se nessuno è in grado di vedere dal vivo e di conoscere chi c’è davvero dietro lo schermo. Con applicazioni, programmi di ritocco come Photoshop o i filtri di Instagram ormai è possibile modificare a proprio piacimento qualsiasi foto. Perché succede questo? Perché ci ostiniamo a mostrare ciò che non siamo? Per sentirci apprezzati, acchiappare likes e followers e uniformarci alla massa? Sembrerebbe di sì: in fondo, la società condiziona un po’ tutti.

Ultimamente, però, si sta diffondendo a macchia d’olio anche la moda dei “personaggi trash” sui social networks. Videomakers criticati da tutti, ma che, inaspettatamente, piacciono. Chi conosce Vale Ntino? Il suo pessimo beatbox, il “rap cinese” composto da sillabe randomiche, le coreografie in mutande e tacchi a spillo, e i tutorial di make-up in cui si pasticcia il viso, hanno conquistato, oltre che un vasto dissenso, una grande fetta di pubblico che lo apprezza e ride di gusto dei suoi contenuti. Eppure, Vale Ntino non è altro che un ragazzo normale che si ridicolizza per farsi conoscere, dato che al giorno d’oggi gli utenti sul web sono sempre più assetati di trash.

La lista di personaggi simili è lunga e va crescendo in continuazione. Sono creators tutti diversi, ma accomunati dal desiderio di “fama” e sicuramente anche da un po’ di sano divertimento. Lo ammette pure la psicologa Sherry Turkle in un’intervista: insomma, chi non si diverte a comportarsi di proposito in maniera così stravagante, facendo uscire il lato più bizzarro di sé?

I motivi per i quali una persona può decidere di crearsi una maschera, un personaggio, una nuova identità sono molteplici. Eppure, per tutti o quasi tutti è un’esperienza positiva. Non solo perché può portare alla felicità e alla realizzazione personale (affetti famigliari, amore, apprezzamenti sul web…), ma anche perché permette di esplorare più a fondo noi stessi.

Tralasciando gli utenti che si limitano a modificare le foto solo per “piacere” di più, in molti dei personaggi citati spicca un certo anticonformismo. Vengono sfondate le barriere erette dalla società, il mondo attorno a loro si scombussola e si ribalta. Anche se alcuni criticano questo atteggiamento, considerandolo pura falsità, forse è un bene che esista e si diffonda. Addirittura, a volte è più semplice e naturale essere se stessi pur recitando e recitare pur rimanendo se stessi.

Lidia Ferrazzini 4M

Pubblicato da ilgiornalinogigli

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