L’otto marzo: Non una di meno, ma un apostrofo di troppo

L’otto marzo: Non una di meno, ma un apostrofo di troppo

Se è vero che si sono ottenute numerose conquiste per le donne e che gli ultimi anni hanno visto l’evolversi della lotta femminista fino a incorporare a sé anche le battaglie di altre minoranze (intersezionalità), è altrettanto vero che ancora oggi le donne subiscono discriminazioni e violenze spesso ignorate e non comprese.

È questo ciò che si è voluto far comprendere con lo sciopero svoltosi giovedì 8 marzo: la richiesta di egualità e la necessità di ribadire che l’otto marzo non è una festa, bensì una lotta che riguarda tutti.

Ho così provato a fare la mia parte in questa giornata, benché maschio a cui può capitare che sfuggano le sfumature dell’esperienza femminile, vivendo questa giornata all’insegna della lotta partendo dal silenzio iniziale del corteo organizzato dai ragazzi del Kollettivo studenti in lotta di Brescia e, successivamente, alla manifestazione contro la violenza sulle donne organizzata da “Non una di meno” a Bergamo la sera. Identici a queste, migliaia di altri cortei si sono svolti in concomitanza nelle principali città italiane e nel mondo, uniti dalla volontà di vedere un cambiamento nella percezione della donna e della femminilità in generale.

Giovani, adolescenti, anziani, donne, uomini o bambini: mai come negli ultimi due anni la sensibilità alla lotta femminista ha riscosso così tanta partecipazione, forse come risposta al riarmo delle fazioni antidemocratiche oppure, più semplicemente, finalmente si accetta e si comprende che la lotta per l’emancipazione femminile riguarda tutti a prescindere dall’età, identità di genere o di sesso, etnia e dai propri orientamenti.

Dal suo silenzio iniziale, poi, il corteo studentesco di Brescia si è mosso da piazzale Garibaldi attraversando le vie della città e pian piano si sono levate le voci dei manifestanti in slogan che ribadivano il diritto all’autodeterminazione, concetto spesso dimenticato da coloro che pretendono di dire alle donne cosa fare del proprio corpo; così come si è ribadita la necessità di lottare affinché le violenze di genere diventino elementi del passato, ed è questa una battaglia che non si combatte con armi e violenza, diversamente dai dettami di falsi femminismi che si ancorano a principi macisti che vedono la donna ancora come creatura fragile da proteggere.

Gli stessi concetti sono poi riemersi nella manifestazione serale, dove il fucsia faceva da padrone su tutti, chi più chi meno, tramite sciarpe, nastri o giacche del colore. Lì si è vista una partecipazione ancora maggiore e le voci farsi più forti, ma nonostante i numeri e la partecipazione, questi temi continuano a essere sempre più attuali e lo sciopero, che è riuscito in parte nel suo intento di creare disagio per ottenere visibilità, è a dimostrazione di quanta strada ancora ci manchi dall’ottenere un’egualità effettiva.

Bernard Amponsah, 5M

Pubblicato da ilgiornalinogigli

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