La piaga del ballo: malattia, desiderio di evasione dal quotidiano o rivolta contro il sistema?

La piaga del ballo: malattia, desiderio di evasione dal quotidiano o rivolta contro il sistema?

La nostra storia ha conosciuto malesseri ed epidemie che non sempre l’uomo è stato in grado di definire e di curare. Talvolta casi della vita ci sembrano degli episodi di una sitcom mal scritta: eppure che piaccia o no,  persone reali hanno avuto a che fare con delle problematiche altrettanto reali. Quale occasione migliore per nominare la piaga del ballo avvenuta in Europa nel 1518? Una bizzarra epidemia che ha messo in difficoltà pazienti e medici e che ancora oggi non ha spiegazione. Ricordiamo in particolare quella del 1518, ma ci sono stati vari altri episodi del fenomeno definito “choreo mania” (choreo e mania significano rispettivamente “danza” e “pazzia” in greco); la prima testimonianza è dell’ XI secolo, a Bernburg in Germania, dove si racconta che, durante le celebrazioni della vigilia di Natale del 1021, un gruppo di persone arrivò “ballando” e disturbando le celebrazioni. Un paio di secoli dopo, nel 1278, circa 200 persone cominciarono a ballare istericamente sopra un ponte che attraversava il fiume Mosa che finì poi per collassare e uccidere i ballerini.

Che successe invece nel 1518? A quanto pare tutto cominciò da una donna di nome Troffea che entrò nella città di Strasburgo ballando e saltando. I testi dell’epoca registrano che la donna più che ballare faceva delle torsioni e giravolte scoordinate. Nel giro di una settimana uomini, donne e bambini si unirono a lei, lasciando completamente disorientate le autorità cittadine che ebbero numerosi colloqui con i medici di Strasburgo.

Incisione di Hendrik Hondius raffigurante tre donne affette dalla piaga

Nell’ignoranza dell’epoca si pensò che questa sorta di “febbre del sabato sera” del ‘500 si sarebbe esaurita in pochi giorni e si decise, quindi, di assecondarla, pagando musicisti e mettendo a disposizione un palco in legno in modo da permettere ai ballerini di dare sfogo alla febbre. Sfortunatamente, però, le cose non andarono come si sperava: la musica agì da stimolante e ancora più persone si unirono a questa frenetica danza e la “piaga del ballo” mieté milioni di vittime tra affaticamento, ictus e attacchi cardiaci dovuti allo sforzo. La piaga si diffuse poi nel resto d’Europa.

Ormai con le spalle al muro, le autorità furono costrette a cacciare dalla città chi ancora non aveva smesso di ballare, facendo sì che si dirigessero verso le colline della città di Saverne. Proprio dentro ad una di queste sorgeva un santuario dedicato a San Vito, dove i ballerini vennero costretti ad una sorta di rituale esorcistico e poi condotti negli ospedali dove poi smisero gradualmente di ballare. 

Approfondendo le caratteristiche di questo strano fenomeno, possiamo notare che i vari episodi si verificavano normalmente in periodi particolarmente difficili come carestie o guerre, eventi tipici del Medioevo. Robert Bartholomew, sociologo, scrive che i partecipanti spesso non risiedevano dove avevano luogo grandi esplosioni del fenomeno: queste persone viaggiavano da città a città e i gruppi si formavano durante il tragitto. Il sociologo descrive come questi ballerini indossassero dei vestiti particolarmente colorati.

Bartholomew rappresenta poi questi episodi come se parlasse di un manicomio a cielo aperto: i ballerini spesso si decoravano i capelli con ghirlande e in episodi particolarmente aggressivi le persone ballavano nude e si strappavano i vestiti; alcune addirittura avevano dei veri e propri rapporti sessuali e si comportavano come animali emettendo dei versi disumani ed imitandone le manifestazioni istintuali. 

I partecipanti reagivano in modo differente: alcuni erano completamente presi dall’euforia, ma nel viso di altri vi si poteva leggere agonia e sofferenza. Si racconta anche di episodi di violenza per costringere altri ad unirsi al gruppo selvaggio. Sembra, inoltre, che questi malati non riuscissero a sopportare il colore rosso e soffrissero di dolori al petto, convulsioni e crisi epilettiche. 

Anche in Italia c’è stato un caso molto simile con il nome di “tarantismo” che – come suggerisce l’onomastica- si pensava fosse originato dal morso di una tarantola. Sviluppatosi in Italia meridionale il decorso di questa malattia, prevedeva che la vittima del morso dell’aracnide ricorresse alla danza per guarire. Esattamente come per la choreo mania da secoli ci si chiede se le vittime avessero problemi di natura psichica o se avessero trovato uno strano modo per curare un’ intossicazione da veleno. Il morso della tarantola può di per sé causare degli spasmi muscolari, ma è comunque strano il fatto che affliggesse prevalentemente le donne. La danza che si usava di più in questi “rituali” era una tradizionale danza pugliese: la taranta.

Episodio di Tarantismo

Sono state formulate numerose teorie sulla causa della “piaga del ballo”: una prima teoria suggeriva un avvelenamento da segale cornuta, la quale causa convulsioni e allucinazioni, ma questa teoria non spiega gli altri comportamenti collegati a questo morbo. Una seconda teoria, invece fa riferimento ad una reazione a motivi di stress e ansia dovuti alle continue guerre, alle carestie e ai disastri naturali: quindi questa epidemia sarebbe un fenomeno sociale, piuttosto che una vera e propria malattia. Altre teorie, da ultimo, parlano di una punizione divina, di spiriti vendicativi e desiderosi di portare caos oppure di misteriosi riti pagani. Queste persone, a quei tempi in una posizione di svantaggio in Paesi severamente sorvegliati dall’Inquisizione, potrebbero essere state considerate malate, in quanto queste pratiche non erano accettate e anzi condannate dalla Chiesa; pertanto è altamente probabile che loro stesse si fingessero pazze, potendo così godere del “vantaggio” di non subire condanne a causa dei loro problemi mentali.

La Notte della Taranta in Puglia

Giada Orrù 5^L

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