Italia: troppo esposta al dissesto idrogeologico?

Italia: troppo esposta al dissesto idrogeologico?

Allungato nel Mediterraneo, “punto caldo” del riscaldamento globale secondo i climatologi, il nostro Paese è in prima linea sul fronte dei cambiamenti climatici. L’acqua alta che ha sommerso Venezia nella notte tra il 12 e il 13 novembre 2019 è dunque un emblema di quanto la crisi climatica stia incidendo sulla fisionomia dell’Italia.

È la seconda più alta di sempre, dopo la cosiddetta acqua granda del 1966, quando si raggiunsero i 194 centimetri. La marea si è innalzata fino ai 187 centimetri, sommergendo l’85% della città. Il picco di paura è arrivato durante la notte, quando il vento è soffiato a 100 km orari, facendo tremare le case, spostando barche e spaccando balaustre.

(AP Photo/Luigi Costantini)

I gondolieri di Riva degli Schiavoni sono stati impegnati per giorni, per recuperare le gondole che si erano incastrate una sull’altra nelle fondamenta davanti al bacino di San Marco. Un uomo è morto in casa sua, sull’isola di Pellestrina, a causa di un corto circuito. Alti livelli di marea sono stati registrati anche in altri comuni del litorale veneziano, in particolare a Chioggia e Jesolo. I danni sembrano non finire mai…

L’acqua alta a Venezia si verifica per il sommarsi di una serie di fattori meteorologici, astronomici e umani. Quando lo scirocco soffia da sud-est, le masse di acqua marina vengono trasportate verso nord. Anche il vento di bora, di provenienza nord/nord-est, può causare le maree a Venezia. Altro fenomeno meteorologico è legato alle grandi perturbazioni atmosferiche: zone di bassa pressione sull’alto Adriatico e di alta pressione sull’Adriatico meridionale fanno sì che l’acqua si sposti verso il nord del bacino. Le oscillazioni del livello adriatico hanno poi grande influenza sulle alte maree, inoltre Venezia è soggetta a forte subsidenza, cioè all’abbassamento del suolo.
A tutto ciò dobbiamo aggiungere le conseguenze della realizzazione della zona industriale di Porto Marghera, che occupa delle vaste estensioni di laguna dove precedentemente erano collocate delle barene, gli isolotti che si riempivano in caso di alta marea. Per permettere alle petroliere di raggiungere le banchine di scarico è stato inoltre scavato un profondo canale, il Canale dei Petroli, che ha ingrandito considerevolmente la sezione di bocca di porto aumentando di conseguenza la quantità di acqua che entra in laguna.

Da anni sono in corso i lavori per la costruzione del MOSE (Modulo Sperimentale Elettromeccanico), costituito da una serie di paratoie mobili a scomparsa, collocate alle bocche della laguna con l’obiettivo di bloccare l’ingresso delle masse d’acqua provenienti dall’Adriatico. Quest’opera ha generato controversie e critiche da buona parte dell’opinione pubblica, anche a causa di alcuni episodi di malaffare.

Ma questa acqua granda è solo il simbolo di una situazione drammaticamente diffusa, dal nord al sud del Paese: i problemi legati alla natura del nostro territorio erano infatti già acuti negli anni ’60 del secolo scorso, ma per troppo tempo non è stato fatto abbastanza. Viene dunque da chiedersi se siamo ancora in tempo, se l’Italia non sia ormai troppo esposta al dissesto idrogeologico. Quasi tutte le estati più calde in due secoli infatti si sono verificate dopo il 2000; secondo le analisi del CNR, le temperature medie annue sono già cresciute di 1,4 °C nell’ultimo secolo al centro – Nord: sulle Alpi ciò è bastato a dimezzare la superficie coperta dai ghiacciai rispetto al 1850. I mareografi di Trieste e Genova hanno registrato un innalzamento delle acque di 15-20 cm nell’ultimo secolo. Sono aumentate di frequenza le cosiddette alluvioni lampo, difficilmente prevedibili in quanto traggono origine da scrosci d’acqua molto intensi (anche 20-30 cm!) ma della durata di poche ore.

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Anche la cultura ha risentito dei cambiamenti climatici. In quest’immagine si può vedere la libreria “Acqua alta” danneggiata dalla forza dell’acqua che ha rovinato la bella città.

Appellarci a chi ha più potere di noi non basta più, la posta in gioco è enorme e il tempo stringe: come sostiene anche Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, solo uno sforzo incisivo, coordinato e corale da parte di governo e cittadini ci potrà salvare da un futuro burrascoso. Non resta che rimboccarci le maniche.

Sofia Torchiani, 2^L

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