IL CORONAVIRUS SULLA PROPRIA PELLE

IL CORONAVIRUS SULLA PROPRIA PELLE

Prima Boccaccio, poi Manzoni… ma chi avrebbe immaginato che le piaghe descritte nella letteratura arrivassero anche nella nostra epoca? Qui, ora, nel 2020? Cose da non credersi! Purtroppo, però, è successo anche a noi. Purtroppo è successo anche a me! Mi chiamo Aurora e la mia vita era quella di una normalissima adolescente, prima che qualcosa chiamato Covid-19 entrasse a far parte della storia umana…
È ormai un anno che conviviamo con questo maledetto virus e siamo sempre esposti al rischio di contagiarci. Noi studenti però siamo stati per mesi relegati in casa a seguire le lezioni online.
Posso dire che non ho mai sofferto questa situazione, poiché ho sempre avuto la compagnia della mia famiglia. Vivo vicino al lago d’Iseo con i miei genitori, due fratelli maggiori e il mio cane. Anche la peste nei Promessi Sposi è partita da un lago, il lago di Como; mi auguro solo che non succeda come allora, che le morti non aumentino in maniera esponenziale e dilaghi il panico nelle città.

Una delle celebri illustrazioni di Gonin per I promessi sposi

Il 2 marzo era apparentemente un giorno come gli altri, quando io e mio padre abbiamo iniziato a non sentirci bene e ad avere la febbre. Se prima non ne avevo sofferto, la situazione stava degenerando, non ero mai entrata in contatto con la malattia e non sapevo come affrontarla. Conosco amici che l’avevano avuta, ma non mi sono mai immaginata come l’avrei vissuta io.
Immediatamente ci è venuto il presentimento di avere il covid, ma abbiamo cercato di mantenere la calma ed essere ottimisti, io in primis. Il giorno dopo ci siamo recati a fare un tampone e, ironia della sorte, entrambi positivi!
In quel momento mi sono sentita assalita dalla preoccupazione per i miei genitori, che sono di mezza età, e dalla paura di aver infettato i miei nonni, sicuramente molto più fragili di me. Sono sempre stata una persona particolarmente attenta e rispettosa delle regole… quindi come era possibile tutto quello che stava accadendo? Non ne avevo idea, ma quello che sapevo è che da quel momento avrei dovuto imparare a conviverci…
Subito sono comparsi i primi sintomi: febbre alta, dolori muscolari, mal di testa, ma soprattutto una spossatezza da non riuscire nemmeno ad alzarmi dal letto. Sintomi che mi hanno accompagnato per qualche giorno, periodo di tempo nel quale ho capito che questo maledetto virus non guarda in faccia a nessuno. A volte ho temuto il peggio, magari sarei stata rinchiusa ancora per non so quanto tempo e tutti si sarebbero dimenticati di me.
Nei giorni successivi si sono contagiati anche mia madre e i miei fratelli, seppur non presentassero gravi sintomi.
Le giornate e le settimane passavano lentamente e io speravo in un tampone negativo… e al più presto. A metà marzo mi hanno chiamato per fare il tampone, che, però, ha dato ancora esito positivo.
Perciò, via di nuovo reclusa in camera per altri 10 giorni, da sola con il mio nemico invisibile. La mia stanza tutta scombussolata pareva essere diventata il covo di uno scienziato pazzo.

Confinamento…

Come ho passato il tempo? Credo di non essermi mai annoiata così tanto! Se all’inizio sono dovuta rimanere a letto, poi ho letto libri e guardato un’intera serie tv in un giorno… non male no?
Ben presto stare in camera è diventato asfissiante: la confusione, lo stress per la scuola e la paura per la malattia hanno segnato ogni singolo istante.
Sembrava mancarmi l’aria, nonostante l’ampia finestra sempre aperta, unico scorcio sulla natura e sul mondo. Quante volte avrei voluto uscire da quelle quattro mura! Ma è lì che ho capito l’essenzialità della libertà. Infatti, se penso a tutte quelle persone ricoverate in ospedale e sole, sono stata veramente fortunata.
Ovunque gli effetti della pandemia sono terribili e tutti stiamo ancora lottando contro questo mostro, nella speranza di uscirne al più presto e vivi. Vivi come prima dell’incubo!

Camilla Cherubini 2^L (dalla testimonianza di Aurora Apostoli)

Pubblicato da ilgiornalinogigli

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