I videogiochi fanno davvero male?

I videogiochi fanno davvero male?

Spesso sentiamo frasi come “i videogiochi fanno male al cervello” oppure “i videogiochi creano dipendenza”, ma siamo sicuri che queste affermazioni siano vere?

Solo di recente infatti la dipendenza dai videogiochi è stata riconosciuta, attraverso un’indagine su vasta scala fatta con un questionario rivolto a 6000 adolescenti di età compresa tra i 12 e i 20 anni, dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) come disturbo mentale, il cosiddetto gaming disorder. Secondo lo psichiatra Federico Tonioni, i soggetti più a rischio sono i ragazzi tra i 12 e i 16 anni che faticano ad affrontare l’adolescenza e pertanto si rifugiano nei videogiochi perché si sentono in un ambiente familiare e sicuro in cui passare diverse ore del giorno, senza rendersi veramente conto dei rischi che corrono per la loro salute, tra cui ansia, depressione, epilessia, cefalea e casi in cui ragazzi non mangiano, non bevono o non dormono pur di poter giocare.

Shuntaro Furukawa, presidente di Nintendo, ha affermato con convinzione che la dipendenza da videogiochi avviene in famiglie poco attente, quando gli adulti non controllano adeguatamente i ragazzi: non accorgendosi di stare esagerando, continuano a videogiocare ininterrottamente. Si è però attivato per arginare il problema inserendo nei propri dispositivi il parental control, una funzione che permette ai genitori di stabilire il limite di ore in cui i figli possono giocare. Come Nintendo, anche altri marchi hanno implementato questa funzione nelle loro console.

Esistono diversi tipi di videogiocatori:

  • Competitivi: i giocatori competitivi hanno un solo obiettivo in testa, e non è solo quello di passare ore a divertirsi giocando. Per questo tipo di giocatori non esistono scontri amichevoli, vincere è la loro unica opzione e si divertono a giocare solo quando stracciano l’avversario. Ogni partita per loro è come se fosse lo scontro più importante che abbiano mai fatto, e non possono accettare una sconfitta in nessun modo; sono disposti a chiedere una rivincita finché non vincono e, in caso di continue sconfitte, perdono il loro interesse nel gioco o non continuano a giocare finché non sono abbastanza allenati per vincere.
  • Critici: quando giocano con gli amici ed è il loro turno, rifiutano di prendere il controller, perché sanno di non essere particolarmente bravi e pertanto preferiscono guardare e criticare. Se un critico si unisce a una partita in corso, sarà pieno di domande su come si gioca, sulla storia del gioco, sui personaggi e sulle missioni che stai completando solo per distrarti, ad esempio: “Perché devi sconfiggere quel nemico? Si stava facendo gli affari suoi!” o “Sei caduto da quella montagna per vedere cosa c’era giù!?”. Se riesci a non perdere la pazienza dopo aver sentito parlare i critici per 5 minuti, sei meglio di molti giocatori là fuori.
  • Retrogamers: i nostalgici che non sono mai riusciti veramente a stare al passo con i tempi dei videogiochi, che nel frattempo sono diventati tridimensionali e open world. Qualsiasi piattaforma dopo il Nintendo 64 è un’eresia per loro, che hanno preferito rimanere in quella che considerano l’età d’oro dei videogiochi: i cabinati 8-bit e le cartucce in cui dovevi soffiare dentro per farle funzionare. I retrogamer più “hardcore” trattano i retrogames come se fossero un culto e rifiutano categoricamente di provare i giochi moderni quasi come se fosse un peccato.
  • Puzzle Gamers: si divertono con i giochi con cui devono spremere le meningi. Più difficili sono i rompicapo e più si divertono quando capiscono la logica del livello, cercando di risolvere gli enigmi per prove ed errori. Cercheranno anche di trovare il metodo per risolvere i livelli facendo meno mosse possibili, dimostrando le loro capacità intellettuali superiori.
  • Casual gamers: quelli che si divertono quando giocano in compagnia. Amanti dei giochi da festa, multigiocatori, giochi di sport e giochi da tavolo interattivi. Si differenziano dagli altri giocatori perché a loro non interessa avere le ultime uscite o essere i più bravi, si divertono lo stesso anche con giochi di annate precedenti che, per loro, sono lo stesso giochi nuovi. Anche i giocatori dei telefoni rientrano in questa categoria.
  • Pro: l’opposto dei casual gamers. Per la maggior parte della giornata evitano il contatto sociale preferendo, invece, rintanarsi in una stanza buia la cui unica luce è quella dello schermo del gioco. Hanno più amici online che nella vita vera e sono orgogliosi di sbloccare tutti gli obiettivi di un gioco più di quanto li gratificherebbe una promozione al lavoro.
  • Hacker: forse il tipo di giocatore più odiato dagli altri. Mentre i pro o i competitivi passano giornate a salire di livello nei videogiochi, gli hacker cercheranno dei trucchi o codici per raggiungerli senza faticare, non capendo cosa si prova a passare giorni e giorni di fatiche per poi essere ricompensati. Non riusciranno mai a godersi un gioco per davvero.

Da videogiocatore, posso dire di aver vissuto una sorta di “dipendenza” dai videogiochi come una delle fasi della pubertà e che essa non è poi così dannosa come si crede. Gioco a vari generi di videogiochi da quando avevo 3 anni e ho vissuto il mio rapporto con i giochi come un’opportunità di crescita personale, perché essi ti portano a fare scelte morali che ti fanno migliorare anche nella vita: gestire situazioni virtuali mi ha infatti aiutato per esempio a prendere decisioni migliori anche nel mondo reale. È vero che si trova un rifugio nei videogiochi e che si preferiscono i compagni di squadra virtuali agli amici reali, ma come incolpo i videogiochi per avermi fatto chiudere in me stesso, li ringrazio perché al tempo stesso grazie a essi sono uscito dal mio “guscio” per relazionarmi con gli altri, in quanto attraverso le storie nei videogiochi in cui i protagonisti crescevano a livello morale, sono riuscito a capire il vero valore dell’amicizia, della famiglia e di molti altri valori che fino a pochi anni prima credevo inutili o non consideravo nemmeno.

Mario Franceschini

Pubblicato da ilgiornalinogigli

Giornalino d’istituto📰 News, info e aggiornamenti e articoli direttamente dall’Istituto Superiore Lorenzo Gigli!! #giornalinogigli linktr.ee/giornalinogigli

Una risposta a “I videogiochi fanno davvero male?”

  1. molto interessante e mi ha incuriosito parecchio, credo proprio che lo userò come spunto per la mia ricerca sui videogiochi, comunque sia io mi riconosco nel giocatore casual e nel retrogamer, comunque sia mille complimenti perché almeno lei non ha accusato noi giocatori come una generazione di svogliati o di nullafacenti, anzi lei mettendosi in prima persona ha fatto capire e farà capire a chi leggerà questo articolo che i videogiochi non sono del tutto male e anzi fanno anche molto bene nelle decisioni per esempio come ha detto lei, comunque sia mille grazie ancora

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.