Guerra fredda tra fazioni animate

Guerra fredda tra fazioni animate

Quando pensiamo ad un cartone animato della nostra infanzia, nella nostra mente compare la luminosa e magica scritta “Disney”, firma di innumerevoli film che si sono guadagnati un posto speciale nel nostro cuore. Fondata nel 1923, “The Walt Disney Company” deve la sua fama ai fratelli Disney, in particolare a Walter, che riuscì a raggiungere un successo enorme.

Ma da dove deriva questo grande trionfo? Come si comporta realmente la Disney?

Stiamo per fare un viaggio nel mondo del cinema, alla scoperta dei segreti di questa variopinta multinazionale, fabbrica a produzione intensiva di sogni.

Innanzitutto, ci tengo a precisare che pressochè tutti i film di animazione che la Disney produce provengono da narrazioni già esistenti, ma l’astuzia l’ha portata a rendere queste storie adatte a tutte le fasce d’età e soprattutto ad aggiungere una notevole dose di serenità e gioia: c’è sempre un lieto fine per i cartoni Disney, anche in racconti che in realtà non lo presentano originariamente.

Il primo film creato dalla compagnia è stato “Biancaneve e i sette nani” nel lontano 1937. Ora potremmo definirlo un film noioso, ma l’impatto che ha avuto sulla storia del cinema è davvero notevole: è stato il primo lungometraggio interamente a colori con una storia pensata per un pubblico infantile, fornito di una trama e di una fine. Dico questo perché prima di allora gli unici cartoni animati esistenti consistevano in brevi cortometraggi usati come intermezzo comico durante la visione di un film con veri attori.

La Disney ha creato un mondo tutto suo, fatto di speranza e bellezza, tuttavia mi duole affermare che presenta un lato oscuro, ben nascosto dietro alle principesse colorate e agli animali parlanti. Possiamo notarlo dal confronto con la nemica “Dreamworks”, che apparentemente offre contenuti simili, ma le due multinazionali si trovano in realtà totalmente differenti. La loro rivalità nasce ancora prima della comparsa della Dreamworks stessa, ma prima di parlare di questo dobbiamo fare qualche passo indietro.

Siamo alla fine degli anni ‘80, più precisamente nel 1988; dopo la morte di Walt, la Disney ha un momento di crisi economica e decide di investire tutto in un unico film: “Chi ha incastrato Roger Rabbit”. Il lungometraggio raggiunse un successo degno di nota che arricchì lo studio cinematografico come non mai.

Il nome dell’uomo che rese tutto ciò possibile è Jeffrey Katzenberg, il produttore di decine e decine di film d’animazione che tutti noi conosciamo. L’unico problema è che la Disney non ha minimamente riconosciuto i suoi meriti, negandogli sia un avanzamento di carriera sia un aumento di paga e non nominandolo nei titoli di coda; questo è stato causato da conflitti interni e personali tra l’uomo e l’azienda.

Katzenberg è il produttore di film come “La sirenetta” e “Il re leone”, l’uomo che ha salvato dal fallimento l’impero dell’azienda per cui lavorava, eppure essa non ha fatto niente per promuovere le sue capacità, così egli ha deciso di abbandonare la Disney e di fondare una nuova grande potenza assieme agli illustri Steven Spielberg e David Geffen.

Nasce così la Dreamworks, una macchina da guerra creata a tavolino per stravolgere la rivale, vendicarsi e far notare al pubblico di tutto il mondo quanto la Disney potesse essere meschina.

La nuova casa di produzione acquisì subito molta notorietà, perché conosceva le tattiche della nemica e quindi era in grado di superarla. Ad esempio la Disney nel ’98 pensò di fare un film sugli insetti e distribuì “A bug’s life”, che non raggiunse il successo desiderato perché la Dreamworks aveva contemporaneamente creato la sua prima pellicola, sempre riguardante gli insetti ma molto più accattivante: “Z la formica”. 

Questo film d’animazione suscitò timore nella Disney, poiché il pubblico era attratto dall’innovazione presente nel film della rivale: la pellicola della Dreamworks usava un umorismo evidentemente indirizzato a fasce d’età più adulte, ci sono scene più cupe e i personaggi non sono esteticamente ideali come quelli della nemica. 

Il primo grande successo di questa nuova azienda le concesse di continuare a produrre film, ma i nostri tre fondatori non desideravano solo avere più successo della Disney: loro volevano umiliarla.

L’idea di fare un film su un tema religioso ronzava da un po’ nella testa dei produttori, perché l’azienda nemica non aveva mai osato toccare temi del genere e molti dicono che Walter Disney fosse vicino all’estrema destra, anche se non se ne è certi, quindi la Dreamworks ha pensato di puntare su un lungometraggio riguardante la religione ebraica così da lanciare una provocazione alla rivale: parlo de “Il principe d’Egitto”, un famosissimo film che tratta dell’Esodo, la fuga degli ebrei dall’Egitto raccontata nella Bibbia. In questo incredibile film d’animazione viene mostrata la cruda realtà, niente più fantasia o magia, anzi questo cartone animato rappresenta scene di violenza, come gli schiavi maltrattati, e di omicidio, ad esempio i bambini buttati nel fiume dalle guardie del faraone. Indubbiamente questo genere di film attraeva di più il pubblico, e la cosa mandò la Disney su tutte le furie, ma non poteva fare nulla perché al momento non aveva molti fondi e continuava a proporre lungometraggi di scarso successo, come “Fantasia 2000”.

Fu a questo punto che entrò in scena l’elemento che avrebbe messo la Disney in ginocchio. In quel periodo Spielberg e Katzenberg avevano letto un libro per bambini dello scrittore William Steig il cui protagonista era un orrendo orco verde e capirono immediatamente che creare un film basato su quella storia avrebbe potuto dare del filo da torcere alla Disney, così attesero il momento adatto per attaccare la rivale e nel frattempo acquisirono sempre più fama e fondi con opere di notevole successo.

Dopo la pubblicazione di “Dinosauri” da parte della Disney, l’ennesimo buco nell’acqua, l’azienda rivale aveva preparato con cura l’opera che avrebbe sconvolto il mondo del cinema d’animazione: “Shrek”. Per la prima volta nella storia la Disney aveva le spalle al muro.

La produzione del film richiese qualche anno, al punto che i dipendenti arrivarono quasi a detestare il film in produzione per quanto dovevano curare i dettagli in modo preciso, e infatti il lungometraggio non è un capolavoro solo a livello di contenuto, ma anche di animazione. Anche il doppiaggio richiese molto tempo, poiché l’esigente Spielberg pretendeva un accento scozzese per il protagonista, ma dopo numerose ricerche per la voce perfetta scelsero Mike Myers per doppiare Shrek. Finalmente nel 2001, dopo molto lavoro, venne mostrato nelle sale del cinema.

Analizziamo questo lungometraggio con ordine: perché è un capolavoro? 

Anzitutto, per la prima volta nella storia del cinema d’animazione il personaggio principale riveste il ruolo del cattivo: Shrek è egoista e superficiale e soprattutto non è di gradevole aspetto, cosa inimmaginabile per la Disney, ad esempio. 

Questo film promuove le diversità senza nascondere le cose negative, infatti l’orco non cambia mai nel corso del film, continua ad essere un personaggio egoista, superficiale e spiacevole, ciononostante lo attende un lieto fine; l’unico a nascondere i propri difetti è l’antagonista Lord Farquaad, che essendo basso di statura fa di tutto per non farlo notare, ma in questa maniera il suo “difetto” diventa solo più evidente. In parole povere la Dreamworks insegna che bisogna accettare e accogliere i nostri difetti, perché ognuno di noi è unico e speciale.

Pensiamo a tutte le persone che non si sono mai sentite rappresentate in un film, come chi è sovrappeso, con un caratteraccio oppure non conforme agli standard di bellezza della società: con questo film possono sentirsi meglio con sé stessi perché Shrek, sgradito dalla comunità, alla fine vince. Shrek insomma rende possibile la vittoria anche per i più deboli.

Entrando nei dettagli della pellicola notiamo che la musica scelta nelle varie scene rappresenta il contrario del loro significato, ad esempio la canzone “All star” all’inizio del film fa da sottofondo alla scena in cui Shrek viene inseguito dagli abitanti della cittadina che intendono ucciderlo, quindi la popolarità descritta nella canzone è contraddetta dai fatti.

Lo sapete perché? Avete presente le canzoni che invece propone la Disney? Quelle descrivono appieno il momento aggiungendo una certa dose di magia, ma non rappresentano la vita reale; diciamo che Shrek ha voluto ridicolizzare questo fatto. 

I produttori si sono proprio divertiti a schernire la rivale, infatti se osserviamo attentamente possiamo vedere la somiglianza estetica del cattivo citato precedentemente, Lord Farquaad, con il produttore esecutivo della Disney di quel periodo, Michael Eisner.

Dopo il successo di Shrek che ha stravolto il mondo dell’animazione, la Dreamworks non ha aspettato molto al rilascio di un degno, se non superiore, sequel.

Nel 2004 le sale cinematografiche brulicavano di gente impaziente di vedere il nuovo capolavoro di Katzenberg: Shrek 2. Il lungometraggio presentava tratti più innovativi e più satirici, che hanno dato il colpo di grazia alla Disney, tutte le battute dei vari personaggi sono studiate con cura e mirate a ironizzare sull’azienda nemica. 

Mi affligge il fatto che, dopo il successo di Shrek 2, la Dreamworks abbia avuto un turbolento ed improvviso calo, causato dal rifiuto di Katzenberg di creare il terzo ed il quarto film della saga poiché riteneva l’idea parecchio ridicola: infatti le proposte non erano in grado di eguagliare quelle delle pellicole precedenti, e in effetti non aveva completamente torto. I due film realizzati senza Jeffrey non sono oggettivamente all’altezza dei primi; questo ed altri piccoli fallimenti hanno portato al declino della Dreamworks, che non è più stata la stessa. Ha saputo rialzarsi con lungometraggi di successo come “Madagascar” e “Kung Fu Panda” pochi anni dopo, ma nonostante siano ottimi film, non possono pareggiare il successo di Shrek, di conseguenza la nostra Dreamworks è destinata a vivere perennemente dietro alla rivale Disney.

Shrek ha realmente infranto ogni cliché, dobbiamo ringraziare lui se la Disney ha sfornato pellicole come “La principessa e il ranocchio”, in cui la protagonista è afroamericana, o “Frozen”, la cui trama non si concentra sull’amore romantico, ma su quello familiare. 

Insomma la nostra Dreamworks è destinata a vivere in eterno all’ombra della rivale, ma dobbiamo riconoscere il suo valore in quanto ha rivoluzionato il mondo del cinema d’animazione.

Emma Messedaglia, 2I

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