Dal Gigli al Costa Rica, l’anno di pura vida di Federico

Dal Gigli al Costa Rica, l’anno di pura vida di Federico

Federico Mazzotti, diciotto anni, frequenta la 5D del liceo scientifico opzione Scienze applicate del nostro istituto e, grazie a una borsa di studio, ha potuto fare uno scambio culturale di un anno, da luglio 2021 a giugno 2022. 

Di seguito l’intervista sulla sua esperienza come studente in Costa Rica.

Che cosa si intende per scambio culturale?

L’esperienza che ho fatto si chiama scambio culturale perché effettivamente io ho portato alla famiglia che mi ha ospitato un po’ della mia cultura italiana e loro mi hanno presentato il Costa Rica. Si dice che quando fai questa esperienza devi mettere in valigia un regalo che rappresenti il tuo Paese: io ho portato una caffettiera, varie cartoline dell’Italia e la bandiera.

Quale lingua si parla in Costa Rica?

Si parla spagnolo. Quando sono arrivato, non lo sapevo per nulla, zero completamente. Spagnolo e italiano però sono molto simili e, grazie a un’esperienza così immersiva, nel giro di tre mesi già capivo la lingua piuttosto bene. Parlare correttamente invece è un po’ più tosto.

Com’era organizzata la tua giornata scolastica? 

Mi svegliavo alle 5, la scuola cominciava alle 7 e finiva alle 15:20 oppure a volte a 16:20, con una pausa pranzo di un’ora e mezza, dalle 11:20 fino alle 13. L’organizzazione della scuola segue il modello americano perciò gli studenti si spostano nelle aule a seconda della lezione da seguire: nella mia scuola c’era l’aula di scienze, quella di matematica, ecc. 

Com’era la scuola in Costa Rica?

La scuola lì è molto viva, aperta, ricca di iniziative e attività: per esempio ci sono la settimana del bambino, la settimana dello sport, la settimana del ragazzo. Sembrava quasi che ogni settimana ci fosse una buona scusa per non fare lezione! 

Quindi meglio la scuola in Costa Rica o in Italia?

È una domanda molto difficile, perché in entrambi i modelli secondo me ci sono pro e contro. Senza dubbio in Costa Rica la scuola porta via tantissimo tempo e io non potevo coltivare le mie passioni, che sono il teatro, il basket e il disegno. Non era né meglio né peggio la scuola, soltanto diversa.

Studiavi di più o di meno rispetto a quanto eri abituato a fare qui in italia?

Effettivamente meno perché studiavo cose più semplici, che avevo già fatto. Mi sono dovuto però impegnare molto nella lingua. 

Ora che sei tornato, stai facendo fatica con la scuola?

Sì, però rifarei mille volte quest’esperienza perché mi ha portato a una maturazione personale impagabile. E comunque le difficoltà non sono degli scogli. Effettivamente sono stato anche molto ingenuo e ho staccato completamente da alcune materie. Invece altri miei compagni di viaggio hanno tenuto costante lo studio, per esempio in matematica e fisica, così sono tornati senza problemi

In generale, quali sono state le tue maggiori difficoltà?

Forse le incomprensioni in famiglia: i miei genitori ospitanti non avevano figli quindi erano alla loro prima esperienza con un ragazzo in casa e all’inizio erano impacciati e li sentivo un po’ opprimenti. Poi le cose sono migliorate, ma all’inizio è stato difficile: io dovevo capire loro e loro devono capire me. Adesso, però, siamo ancora in contatto e ci vogliamo bene.

Hai faticato ad integrarti? E cosa ti è mancato di più dell’Italia?

No, perché in generale i costaricani sono super aperti, sono persone molto espansive e amano l’Italia in maniera spropositata, tanto che se dici che sei italiano ti fai amici ovunque. Questa cosa mi ha aiutato molto, soprattutto all’inizio quando dovevo ingegnarmi per farmi capire. Invece mi è mancato uscire con i miei amici perché effettivamente l’abitudine di uscire è molto europea; in Costa Rica si resta più in famiglia e con gli amici si esce una volta ogni tanto. Questa è la differenza. Io però ho bisogno di vedere tanto i miei amici.

Che cosa mangiavi abitualmente?

Mangiavo per esempio il gallo pinto, un piatto a base di riso e fagioli mescolati insieme. Pinto significa colorato, perché los friholes, i fagioli, colorano l’arròs, il riso. Si può mangiare con carne e uova, di solito a colazione, ma anche a pranzo o a cena: io per un anno ho mangiato gallo pinto e non mi sono mai annoiato! Anche il platano fritto è buonissimo e poi mi piaceva molto il caffè americano.

Che cosa hai apprezzato di più della Costa Rica?

L’espressione pura vida, che rispecchia uno stile di vita e che in Costa Rica si può usare in qualsiasi momento: per salutare, per rispondere quando ti chiedono come stai, per dire grazie, per dire prego, per dire qualsiasi cosa. Significa tutto passa, stai tranquillo, vivi la tua vita con calma, senza pressione, in compagnia. In Costa Rica poi la natura incontaminata fa vivere le emozioni in modo più forte, diciamo che la pura vita lì è incentivata da quei posti paradisiaci.

Pensi che questa esperienza ti possa essere utile per il futuro? 

Sì. Oltre ad aver imparato lo spagnolo, il Costa Rica mi ha svegliato: ritrovarmi da solo dall’altra parte del mondo è una cosa che mi ha segnato e adesso mi sento molto più indipendente e responsabile. Sono diventato un’altra persona e ho capito che cosa significa stare da soli, non essere aiutato dai genitori in tutto. Sto diventando grande, quindi è il momento di uscire un po’ dal nido. Inoltre in Costa Rica mi sono allontanato dal mio stile di vita italiano, dai miei hobby e stare lontano dalla mia vecchia vita mi ha fatto capire che cosa effettivamente è importante per me. Per esempio il teatro.

Vorresti tornare in Costa Rica o magari fare altre esperienze all’estero?

Sì, mi piacerebbe. All’inizio volevo prendermi un anno sabbatico per tornare in Costa Rica e fare il volontario sulle spiagge, ma è una scelta difficile perché qui in Italia, dopo l’esperienza all’estero, ho trovato una marea di cose interessanti che non sono facili da lasciare. In ogni caso il Costa Rica mi ha insegnato il gusto del viaggio e del non sentirmi limitato. Ho fatto domanda per vincere una borsa di studio quest’estate, spero di andare due settimane in Sud Africa.

Consiglieresti a tutti di vivere un’esperienza di scambio culturale?

Su due piedi direi di sì, senza dubbio. Per me è stata bellissima, anche se in effetti non so se tutti siano fatti per questo tipo di esperienza.

Che cosa vorresti dire a chi ha scelto di partire?

Gli consiglierei di non partire con troppe aspettative e di non avere paura che un anno all’estero sia lunghissimo perché alla fine passa veloce e al ritorno ritrovi gli amici, la scuola, la tua vita, invece sei tu a cambiare.

Martina Bonetti, 2A

Pubblicato da ilgiornalinogigli

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